Di certo il MUOS american-sicilian non è stato dimenticato dagli abitanti di Niscemi, né da quanti nel corso degli ultimi anni hanno animato la protesta contro la pericolosa installazione militare di comunicazione globale ma, come suole dirsi, “passata la festa gabbato lo Santo”: il MUOS è lì in bella mostra con le sue antenne alzate e nessuno può farci nulla per cambiare lo stato delle cose. In realtà nessuno poteva fare qualcosa anche prima, solo che chi era in grado di contrastare l’ennesimo asservimento della Sicilia alla grande potenza con la bandiera a stelle strisce non ha avuto il coraggio o la faccia tosta di parlare chiaro e ammettere che la volontà dei Siciliani nulla può fare contro gli accordi stipulati dal Governo italiano con gli Stati Uniti d’America.
Ricordiamo ancora – badate, mai perdere la memoria storica degli avvenimenti! – quella sorta di summit che si tenne a Niscemi nel gennaio del 2013, quando Giampiero Trizzino, deputato regionale, presidente della Commissione Ambiente all’Ars, con grande determinazione affermò “Questa è effettivamente un’audizione. Abbiamo deciso di farla qui, per poter discutere direttamente con i cittadini. Tutti i documenti presentati e discussi in questa sede verranno messi agli atti“. Con Trizzino erano presenti Fabrizio Ferrandelli, primo firmatario della mozione “No Muos”, presentata e approvata all’unanimità dall’assemblea regionale, l’assessore all’Ambiente Maria Lo Bello e i rappresentanti dell’Arpa Sicilia, Legambiente e Wwf regionale. Tante belle parole furono dette, come quelle pronunciate in quella circostanza da Ferrandelli: “Sul Muos non molliamo la presa, non va realizzato né a Niscemi né in nessun altro luogo della Sicilia. Nessuno può decidere della salute dei siciliani e nessuno può farsi gioco della sovranità del popolo siciliano”.
Belle parole, ma il MUOS eccolo lì a dominare non solo il territorio di Niscemi ma tutta la collettività isolana.
D’altra parte, ed è bene ricordare anche quest’altro piccolo “dettaglio”, la base americana si trovava già dal 1991 in funzione a Niscemi: il MUOS non è che lo sviluppo tecnologico di quella installazione. La base militare era lì ed ha operato indisturbata per anni e anni. Le proteste saltuarie e spontanee? Messe nel conto: non avrebbero spostato una virgola. Così è stato. Disquisire sulla “sovranità del popolo siciliano” nel miglior dei casi è retorica, noi diciamo più semplicemente è una presa per i fondelli.
A un anno di distanza quando si fecero balenare assurde speranze che agli accordi nazionali si potesse contrapporre il Governo Siciliano si dovrebbero ricordare pure le parole del ministro della Difesa, Giampaolo Di Paola, al termine di un incontro con il segretario alla Difesa degli Usa, Leon Panetta: “Il MUOS (Mobile User Objective System), il sistema satellitare della Marina militare Usa da installare in Sicilia è un asset strategico per l’Alleanza Atlantica, non solo per gli Stati Uniti. E’ una presenza importante che va portata avanti”. In quei giorni il governatore siciliano, Rosario Crocetta, aveva disposto lo stop ai lavori: anche lui “gabbato”?